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UNIVERSITA’ LA SAPIENZA DI ROMA
POLICLINICO UMBERTO I
MASTER UNIVERSITARIO II LIVELLO
IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE E PEDIATRICA
CASO CLINICO DI SHOCK CARDIOGENO IN LATTANTE DA TACHICARDIA
PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE
Dott.ssa Ciofini Silvia
T.I.N. Ospedale S.Donato-Arezzo
Anno Accademico 2010
2
CASO CLINICO
3
Viola G. è nata il 15.10.2008 da taglio cesareo per precedente T.C. da 3°
gravidanza normodecorsa. Alla nascita buon adattamento alla vita
extrauterina, I.A. 9-10, Peso Kg. 2,950.
Il decorso al nido è stato regolare fino al 2° giorno di vita quando è stato
riscontrato soffio sistolico di 1/6 al mesocardio per cui è stata richiesta la
misurazione dei parametri vitali: saturazione postduttale e pressione ai 4
arti risultati nella norma e Rx torace, ECG ed ecografia cardiaca. (
ALLEGATO 1 )L’ rx del torace è risultato nella norma così come l’ECG
mentre l’ecografia cardiaca ha mostrato la presenza di un piccolo DIV
muscolare con shunt sinistro-destro con le restanti strutture cardiache
normali.
Dimessa in 3° giornata di vita in buone condizioni generali.
La madre ha riferito che le prime 2 settimane di vita sono state regolari ma
che dopo la neonata ha iniziato a presentare respiro difficoltoso e qualche
difficoltà nell’alimentazione non assumendo più il latte con la stessa
voracità.
Per questo motivo i genitori conducono la neonata a 19 giorni di vita, il
3.11.2008 alle ore 0,30, presso il PS pediatrico dell’Ospedale S. Donato di
Arezzo perché la bimba ha assunto nelle ultime 24 ore di vita la metà della
normale quota di latte.
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All’ingresso in PS la pediatra constata le gravi condizioni generali della
neonata con colorito pallido, estremità fredde e cute marezzata. Non era
presente febbre, era intensamente dispnoica con rientramenti all’epigastrio
ed intercostali, la saturazione in aria ambiente era circa 88% con una
frequenza cardiaca di 172/min. La neonata si presentava lamentosa ma nel
pianto non erano apprezzabili soffi cardiaci. L’obiettività respiratoria era
regolare, i polsi femorali periferici erano appena percettibili e la pressione
era mantenuta nei limiti. Il margine epatico era apprezzabile a 2 cm.
dall’arcata costale e erano presenti edemi delle estremità ( mani e piedi).
Veniva controllata la glicemia che risultava nella norma. La Pediatra visto
le condizioni generali critiche e lo stato di shock conclamato ha trasferito in
TIN la piccola richiedendo l’intervento del Neonatologo.
All’ingresso in TIN veniva posta in incubatrice con O2 a circa 30% e la
Neonatologa, confermando lo stato di shock in cui si trovava la piccola, ha
reperito con grande difficoltà un accesso venoso centrale ed ha eseguito
esami ematici di routine compresa l’emocoltura ed una emogasanalisi
constatando una gravissima acidosi metabolica: pH di 6,90, pCO2 17,1
mmHg, pO2 110,5, HCO3- di 3,3 mmol/Lt, BE – 28,2 mmol/Lt. ( I restanti
esami: emocromo e profilo biochimico erano nella norma).
E’ stata praticata dose iniziale di bicarbonato di sodio e.v. ripetuta più volte
nelle successive 4 ore e iniziata infusione e.v. di catecolamine per il
sostegno del circolo e dell’attività cardiaca ( dopamina e dobutamina).
Veniva richiesto l’RX torace, l’ECG e l’ecografia cardiaca. (ALLEGATI 2-
3 E 4 )
L’RX del torace mostrava un ingrandimento significativo dell’ombra
cardiaca, l’ECG è stato refertato con responso di tachicardia sinusale e il
Cardiologo reperibile ha refertato un ingrandimento di tutte le camere
cardiache con prevalenza del ventricolo sinistro,integrità del setto
5
interatriale e interventricolare,dotto arterioso chiuso, aorta addominale
scarsamente pulsante. L’arco aortico era ben conformato nella sua parte
prossimale ma, essendo scarsamente campionabile la velocimetria doppler
nella parte distale dell’aorta il Cardiologo ha ipotizzato una coartazione
istimica dell’aorta.
Per tale motivo è stata iniziata infusione e.v. continua di prostaglandine per
l’apertura del dotto e allertato il trasporto neonatale protetto per il
trasferimento presso il Centro di riferimento per le Cardiopatie pediatriche
in Toscana ( Osp. Di Massa Carrara).
Dopo circa 4 ore dal sospetto diagnostico la neonata era in condizioni
generali migliorate, stabilizzata, in aria ambiente con una saturazione nella
norma di 97%, Frequenza cardiaca regolare di circa 160/min. e in controllo
dell’emogas era nettamente migliorato:
pH di 7,40, pO2 di 78,5 mmHg, pCO2 17,9 mmHg, HCO3- di 10,9 mmol/Lt,
BE – 11,6 mmol/Lt.
A 5 ore dall’ingresso la neonata viene intubata per il trasporto e trasferita.
L’Ospedale di riferimento di Massa ci ha informato che la neonata ha avuto
uno shock cardiogeno da tachicardia parossistica sopraventricolare.
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ALLEGATO 1
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ALLEGATI 2 E 3
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ALLEGATO 4
9
ARITMIE SOPRAVENTRICOLARI
Con il termine di aritmie sopraventricolari s’intendono quelle anomalie del
ritmo che originano a livello degli atri e/o della giunzione atrioventricolare.
Sono i disturbi del ritmo in assoluto più frequenti in età pediatrica.
A tale categoria appartengono l’extrasistolia atriale e giunzionale, le
tachicardie sopraventricolari, il flutter e la fibrillazione atriale.
TACHICARDIE SOPRAVENTRICOLARI
Le tachicardie sopraventricolari rappresentano sicuramente l’aritmia
complessa di più frequente riscontro in età pediatrica.
Il concetto che la tachicardia sopraventricolare potesse essere causata da un
meccanismo di rientro a livello del nodo AV è stato proposto per la prima
volta da Barker et al nel 1943. Gli autori non erano in grado di confermare
tale concetto per le scarse risorse tecniche investigative. Ci sono voluti
circa 30 anni rima che gli studi di elettrofisiologia cardiaca diventassero
una routine clinica, per poter definire i meccanismi elettrofisiologici alla
base delle tachiaritmie.
INCIDENZA
La tachicardia sopraventricolare (SVT) è osservata nei pazienti pediatrici con
un’incidenza i 0,1-0,4%. Sebbene la tachicardia parossistica
atrioventricolare sia il meccanismo più frequente la tachicardia atriale
ectopica rappresenta il 5-20% delle SVT in età pediatrica.
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Generalmente le TSV si manifestano in soggetti senza altre patologie
cardiache, nel caso di soggetti cardiopatici l’anomalie di più frequente
riscontro sono: la malattia di Ebstein che nel 30% dei casi si accompagna a
vie accessorie spesso multiple, il prolasso della mitrale e infine alcune
cardiopatie congenite operate e tra queste prevalente la trasposizione dei
grossi vasi arteriosi corretta con la tecnica di Mustrd o Senning e il cuore
univentricolare o altre anomalie complesse operate con intervento di
Fontan.
MECCANISMO FISIOPATOLOGICO
In base al meccanismo elettrofisiologico che è alla loro base le tachicardie
sopraventricolari vengono suddivise in forme da rientro, da anormale
automatismo e da automatismo triggerato.
Si parla di rientro quando lo stimolo elettrico viene condotto per più di una
volta in un circuito chiuso. Questo per potersi realizzare richiede la
presenza di un substrato anatomofunzionale capace di essere attivato da
appropriati stimoli, ad esempio battiti ectopici. Tale substrato deve essere
costituito da due vie con le seguenti caratteristiche: differente durata dei
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periodi refrattari, comparsa di blocco unidirezionale su di una via,
contemporaneo rallentamento della velocità di conduzione sull’altra via.
I circuiti di rientro possono avere varia estensione e utilizzare più strutture
cardiache. Infatti possono essere limitate a poche fibre miocardiche nel
contesto degli atri o della giunzione atrio ventricolare (micro rientri),
oppure essere più estesi e interessare da una parte il normale asse di
conduzione nodohissiano e dall’altra vie accessorie atrioventricolari
(macrorientri). Le vie accessorie atrioventricolari sono la causa più
frequente di tachicardia sopraventricolare a esordio in età pediatrica,
mentre è decisamente ridotta rispetto alla popolazione adulta l’incidenza di
tachicardia sopraventricolare da doppia via nodale.
Le vie accessorie sono alla base sia della sindrome di Wolf-Parkinson-
Withe sia molto più raramente di una forma molto particolare nota come
Tachicardia Permanete Giunzionale Reciprocante che è caratteristica
dell’età pediatrica. Questa dipende da una sottile via accessoria a sede
settale in cui lo stimolo è condotto molto lentamente e solo in senso
retrogado, tale caratteristica elettrofisiologica rende l’aritmia usualmente
incessante.
Le vie accessorie sono costituite da fasci di miocardio comune, variamente
disposti a cavallo dell’anello fibroso mitralico e/o tricuspidale, che
permettono di bypassare l’asse nodohissiano sia in senso a anterogrado , e
in questo caso facilmente identificabili sull’ECG di superficie in ritmo
sinusale per la presenza di PR breve e onda delta, sia in senso retrogado. Le
vie accessorie possono avere una conduzione anterograda e retrograda
oppure solo retrograda, le cosiddette vie occulte. Entrambi i tipi di vie
predispongono all’innesco e al mantenimento delle tachicardie
sopraventricolari.
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L’automatismo anormale è una proprietà che in condizioni fisiologiche è
posseduta solo dal nodo del seno e dal tessuto di conduzione.
L’automatismo consiste nella depolarizzazione diastolica lenta e spontanea
sino a raggiungere il potenziale soglia che condiziona quindi la comparsa
del potenziale d’azione. La frequenza di attivazione decresce dal nodo del
seno, che rappresenta il segnapassi del cuore, alle fibre di Purkinje
ventricolari. In determinate situazioni, come in seguito a un danno
miocardico, oppure come conseguenza di modificazioni dei liquidi
extracellulari, o più frequentemente senza una ragione conosciuta, alcune
cellule cardiache possono acquisire la proprietà dell’automatismo e, se
dotate di una frequenza maggiore di quella sinusale, divenire il principale
pacemaker del cuore.
Le tachicardie sopraventricolari possono essere atriali o giunzionali. Delle
giunzionali se ne conoscono due forme: una idiopatica molto rara e l’altra
relativamente più frequente che complica l’immediato postoperatorio
cardochirurgico.
Le forme automatiche sono caratteristiche dell’età pediatriche hanno, per le
loro caratteristiche elettrofisiologiche, un andamento incessante.
L’automatismo triggerato si ha quando le fibre miocardiche presentano una
depolarizzazione diastolica (automatismo)indotta da uno stimolo (trigger).
La depolarizzazione diastolica è nota come potenziale tardivo e, se
sufficientemente ampio e tale da raggiungere la soglia, potrà provocare la
comparsa di potenziali d’azione ripetitivi e auto mantenersi. Questo
meccanismo è raramente alla base della tachicardia sopraventricolare a
esordio nell’età pediatrica, mentre è più frequentemente responsabile di una
forma di tachicardia ventricolare nota come tachicardia fascicolare.
Il meccanismo elettrofisiologico che è alla base delle singole tachicardie
sopraventricolari condiziona anche la loro risposta ai tentativi d’induzione e
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d’interruzione delle tachicardie durante studio elettrofisiologico. Così le
forme da rientro e triggerate sono inducibili e interrompibili, mentre quelle
da aumentato automatismo non sono ne inducibili né interrompibili ma
possono essere catturate solo se si stimola l’atrio ad una frequenza
maggiore di quella della tachicardia.
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QUADRO CLINICO
L'espressione clinica delle aritmie dipende fondamentalmente dagli effetti
che l'aritmia stessa produce sulla gittata cardiaca, dalla presenza di una
sottostante patologia cardiaca e dall'età del bambino.
Come spesso accade nel corteo sintomatologico possiamo distinguere segni e
sintomi aspecifici (e quindi, spesso, subdoli) quali l'astenia, la riduzione
dell'appetito, la suzione inefficace, il dolore toracico ed altre
manifestazioni, invece, più specifiche quali il cardiopalmo, la sincope,
l'arresto e l'insufficienza cardiaca.
Spesso, però, anche di fronte a quelli che possono essere considerati segni e
sintomi di specifico indirizzo cardiologico ci troviamo a fare i conti con
una aspecificità eziologica “imbarazzante”. Basti pensare, ad esempio, che
sia le tachiaritmie che le bradiaritmie severe possono manifestarsi con un
quadro clinico molto simile; ne deriva che la diagnosi eziologica specifica
non può prescindere, nella maggior parte dei casi, da una documentazione
ECG in corso di evento acuto.
Nel feto un quadro di tachiaritmia parossistica sostenuta si associa spesso
all'evidenza di idrope fetale o insufficienza cardiaca congestizia acuta.
Nei lattanti e nei neonati le tachiaritmie decorrono in modo sostanzialmente
asintomatico fino all'evidenza di una compromissione emodinamica.
Nel bambino più grandicello sintomi di sospetto sono: il cardiopalmo, il
dolore toracico, il pallore, la dispnea e la nausea.
Tali manifestazioni cliniche spesso si evidenziano in presenza di condizioni
slatentizzanti quali la febbre, l'esercizio fisico e le condizioni di stress in
genere.
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La tachicardia sopraventricolare è caratterizzata da esordio e cessazione
improvvisi; l’attacco può essere precipitato anche da una infezione acuta,
solitamente a riposo. Gli attacchi possono continuare solo per alcuni
secondi o persistere per ore. La frequenza cardiaca è solitamente superiore
a 180 batt/min e occasionalmente può essere superiore a 300/min.
Tipicamente le tachicardie sopraventricolari hanno due picchi di insorgenza:
uno nel primo anno di vita e dopo i 7-9 ani di età. L’incidenza delle forme è
anch’essa dipendente dall’età, essendo alcuni tipi più comuni nei primi anni
di vita, come le tachicardie sopravenrticolari da via accessoria, e altre più
frequenti nell’adolescenza come le forme a doppia via nodale. L’età è
inoltre importante ai fini della modalità di presentazione: dopo i 2-3 annidi
vita il cardiopalmo e più raramente le sincopi e le presincopi rappresentano
la modalità di presentazione più comune, al di sotto dell’anno di vita invece
la sintomatologia è molto subdola e spesso di difficile inquadramento, per
cui la tachicardia a volte può venire riconosciuta solo in seguito alla
comparsa di scompenso cardiaco.
Nel lattante i sintomi premonitori di una tolleranza non ottimale dell’aritmia
sono le modificazioni dell’umore, la comparsa di pallore e le difficoltà ad
alimentarsi. Sebbene tale sintomatologia sia aspecifica e comune anche ad
altre patologie, se si manifesta in un lattante noto portatore di tachicardia
sopraventricolare deve far subito porre in diagnosi differenziale la presenta
di una tachiaritmia.
Tipi e caratteristiche ECG delle più comuni forme di tachicardia parossistica del b
RNAV R WPW Via occul TGRP TAE TG
Asse P Non visibile 90-270 90-70 270-360 Qualsiasi 0-90
PR>RP Si Si Si No No BAV
16
FC 220 260 230 170 160 180
BAV No No No No Si Si
tipo P P P I I I
P: parossistico; I:incessante
Molto più raramente le tachicardie sopraventricolari possono essere
riconosciute occasionalmente. Questo avviene essenzialmente per le forme
automatiche del lattante dove la tachicardia ha valori di frequenza cardiaca
usualmente compresi tra 180 e 200 batt/min e quindi risulta essere ben
tollerata molto più a lungo delle forme reciprocanti che hanno frequenze
cardiache molto più elevate.
Le tachicardie sopraventricolari quindi possono essere sospettate in base sia
alla sintomatologia sia in seguito al riconoscimento di valori elevati di
frequenza cardiaca all’esame obiettivo. La conferma della presenza di una
tachiaritmia può essere ottenuta però solo con l’elettrocardiogramma.
Usualmente la tachicardia sopraventricolare si presenta come una
tachicardia a QRS stretto con valori di FC compresi tra 180 e 320 batt/min.
Sebbene l’aberranza di conduzione sia frequente nei primi battiti della
tachicardia, il riscontro di un QRS largo deve sempre far sospettare una
tachicardia ventricolare.
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Nell’analisi del tracciato elettrocardiografico particolare attenzione andrà
posta nella ricerca dell’onda P per definire sia la morfologia sia i rapporti
con il QRS. Infatti questi due elementi associati ai valori di FC usualmente
sono sufficienti a permettere la diagnosi differenziale tra le varie forme di
tachicardia sopraventricolare. E’ molto importante anche l’analisi del
tracciato una volta ristabilito il ritmo sinusale , in quanto potrebbe rendersi
manifesta una sindrome di Wolf-Parkinson-Withe.
Figura pag 294
La valutazione del paziente con tachicardia sopraventricolare deve sempre
comprendere lo studio ecocardiografico per valutare la presenza di e il
A) tachicardia sinusale con normale morfologia delle onde P, (B) con SVT anomalo asse dell'onda P. Entrambi ECGsare da neonati.
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grado d’impegno di un’eventuale cardiopatia, nonché le ripercussioni
emodinamiche della tachicardia, soprattutto se ad andamento incessante.
L’Holter e la prova da sforzo andranno riservate ai pazienti con forme
croniche nei quali è importante avere dati basali per valutare l’efficacia
della terapia. La stimolazione atriale trans esofagea (SATE) andrà eseguita
nei pazienti con tachicardia sopraventricolare da rientro nei quali non è
stato possibile definire il circuito che ne è alla base, nei pazienti con
sintomatologia suggestiva di tachicardia sopraventricolare che però non è
mai stata documentata in quanto a rapida risoluzione ed infine nei pazienti
con sindrome di WPW per una precisazione del rischio aritmico.
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TRATTAMENTO:
La terapia delle tachicardie sopraventricolari può essere acuta con lo scopo di
interrompere l’aritmia, oppure cronica per prevenire le recidive.
TERAPIA ACUTA: manovre vagali, farmaci antiaritmici oppure terapia
elettrica.
Manovre vagali: le più comuni sono rappresentate dalla compressione del
seno carotideo, dalla manovra di Valsalva sono solitamente inefficaci sotto
i 2-3 anni di vita. La compressione dei bulbi oculari, frequentemente
utilizzata nell’adulto, non dovrebbe invece venire impiegata nel bambino e
in particolare nel lattante in quanto potenzialmente lesiva per la retina. Nel
primo anno di vita il diving reflex rappresenta la manovra vagale di più
frequente impiego. Tale manovra viene eseguita comprimendo sul naso e
sulla bocca del bambino un contenitore di gomma riempito di ghiaccio, per
circa 15-20 secondi. Il diving reflex è ripetibile e deve esere eseguito sotto
monitoraggio del ritmo cardiaco; la sua efficacia è massima nel trattamento
delle forme reciprocanti/parossistiche di recente insorgenza. Il divin reflex
è un riflesso primordiale che comporta un’attivazione vagale massima in
seguito alla stimolazione con freddo dei recettori periorali e perinatali, la
sua efficacia si riduce drasticamente dopo l’anno di età.
Terapia farmacologica: attualmente sono molti i farmaci antiaritmici che
possono essere utilizzati nel trattamento della tachicardia sopraventricolare.
La scelta è strettamente dipendente dal tipo di meccanismo
elettrofisiologico che è alla base della tachicardia. Le forme da rientro in
genere rispondono molto bene sia a farmaci come ATP, Adenosina e
Verapamil che essenzialmente bloccano il seno atrio-ventricolare sia al
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Propafenone e alla Flecainide che agiscono sul nodo AV e sulle vie
accessorie.
Tra questi farmaci la preferenza dovrebbe essere data al’ATP e all’Adenosina
poiché hanno una brevissima emivita inferiore a 5 minuti, da un lato sono
così facilmente ripetibile e dall’altro non preclude l’impiego di atri. Non
hanno inoltre effetto inotropo negativo per cui sono particolarmente utili in
corso di scompenso.
Trattamento con Adenosina :Si tratta di un farmaco a breve emivita in grado
di indurre un blocco farmacologico a livello dei nodi SA e AV. Va
somministrata in bolo e.v. rapido (con successivo lavaggio con 2.5-5 cc SF)
alla dose iniziale di 0.1 mg/kg che può essere poi aumentata a 0.2 mg/kg.
L'efficacia del farmaco si dimostra con un brusco rallentamento della FC,
talora con l'evidenza di una breve fase di asistolia, seguita da una rapida
ripresa della normale attività cardiaca.
Sotto l’anno di vita è sconsigliato l’uso del Verapamil in quanto è stato
descritto provocare dissociazione elettromeccanica comunque reversibile
con la somministrazione endovenosa di calcio gluconato.
Nelle tachicardie sopraventricolari automatiche invece è raro dover ricorrere
alla terapia acuta a meno che il paziente non sia in scompenso cardiaco o in
casi di insorgenza nell’immediato periodo post-operatorio cardioghirurgico.
In questi casi è preferibile l’utilizzo di Amiodarone, Beta-bloccanti e
Digitale anche in associazione. Nella tachicardia giunzionale post-
operatoria la terapia più efficace è risultata la riduzione della temperatura
corporea a valori di 31-35°C.
Lo scopo della terapia acuta è quello di ridurre la frequenza cardiaca a valori
compresi tra 130-140 batt/min, in tali alterazioni del ritmo è molto difficile
ottenere in modo acuto il ripristino stabile del ritmo sinusale.
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Nei casi in cui non si ottiene ripristino del ritmo sinusale con la terapia
farmacologica si ricorre nelle forme di tachicardia sopraventricolare da
rientro alla SATE oppure alla cardioversione elettrica sincronizzata (0.5
– 1 J/Kg).
. ******aggiungere protocollo TERAPIA CRONICA:
Il tipo di trattamento dipende dal tipo di tachicardia. Nelle forme da rientro,
dopo che la tachicardia è stata interrotta la decisione se iniziare un
trattamento cronico dipende da numerosi fattori: età d’esordio durata e
sintomatologia della tachicardia, caratteristiche elettrofisiologiche del
substrato aritmico.
In caso di indicazione alla terapia cronica, il farmaco di scelta dipende dal
tipo di rientro (forme dipendenti da via accessoria, forme a doppia via
nodale.
SINDROME DI WOLF-PARKINSON-WITHE
Tale sindrome è dovuta alla presenza di fibre muscolari accessorie poste a
cavalo dell’anello mitralico e/o tricuspidale.
L’incidenza nella popolazione normale è pari allo 0,5-2‰. Nel 20-30 % dei
casi è associata a cardiopatia congenita, prevalentemente malattia di
Ebstein dove le vie accessorie sono generalmente multiple o a trasposizione
delle grosse vie arteriose congenitamente corretta. Il 50-60% dei soggetti
pur avendo una situazione di base predisponente all’innesco di tachicardia
sopraventricolare rimane asintomatico per tutta a vita. Il 40-50% dei
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soggetti invece diverrà sintomatico per episodi di tachicardia
sopraventricolare che nel’età pediatrica ha due picchi d’incidenza: uno nei
primi 3-6 mesi d’età l’altro dopo i 7-8 anni. L’età d’insorgenza è
importante ai fini dell’evoluzione infatti nei soggetti con esordio precoce
queste scompaiono scompaiono stabilmente dopo il primo anno di vita nel
60-70% dei casi. La possibilità di regressione spontanea si riduce se
l’esordio è stato tardivo.
La sindrome di Wolf-Parkinson-Withe può rendersi responsabile di morte
improvvisa per invasione elettrica dei ventricoli attraverso la via accessoria
in corso di flutter o fibrillazione atriale. L’incidenza di tale evenienza è
molto bassa pari a 2‰/anno nei pazienti sintomatici e 0,75‰/anno in queli
asintomatici. Tali pazienti possono essere determinati attraverso la
stimolazione transesogfagea che attualmente rappresenta il metodo
valutativo di prima scelta del paziente con sindrome di WPW.
Sindrome WPW. Si noti il breve intervallo PR e storpiato salita QRS (onda delta)
23
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